venerdì 29 marzo 2013

Ministeri economici a M5S: improponibile… o no ?

Conversando via facebook, un paio di giorni fa ho scambiato alcune idee con Giovanni Albin in merito a una sua ipotesi.

E se il M5S – suggeriva Giovanni – si dichiarasse disponibile a formare un governo con il PD, a condizione di detenere de minimis TUTTI i ministeri economici: economia e finanze, sviluppo economico, lavoro e politiche sociali.

L’ipotesi l’ha formulata lui, precisando che parlava per paradosso. Nel senso che il PD non accetterebbe mai: lo scopo di presentare questa proposta sarebbe (per il M5S) di smontare sul nascere le accuse di irresponsabilità, di non-voler-far-nascere-un-governo-nell’attuale-situazione-di-crisi eccetera.

Io mi considero un tecnico (un elettrauto ?) dell’economia, non un analista politico. Quindi magari prendo una cantonata ma… siamo proprio sicuri che una proposta così non verrebbe accettata ?

Il PD ha davanti a sé scenari uno più deflagrante dell’altro. Alleanza con Berlusconi, accettando i suoi diktat, a partire dalla scelta del presidente della repubblica. Nuove elezioni, con Renzi che entra in scena e spacca il partito.

E se mai in qualche maniera a tutt’oggi difficile da ipotizzare riuscisse a ottenere la fiducia, non farebbe che presidiare alla continuazione e all’aggravamento dello sfascio dell’economia, nell’ambito di una legislatura condannata a pochi trimestri di vita.

A meno che…

A meno che non si riveda completamente l’architettura del sistema monetario e dei rapporti europei dell’Italia. Qualcuno nell’ambito del PD l’ha, credo, anche capito, ma rinnegare gli ultimi vent’anni di storia, il sostegno ai vari Ciampi – Amato – Prodi – Padoa Schioppa – Monti è un’”operazione verità” che non si riesce a far partire.

Però se fossero le circostanze esterne a richiederlo… cioè se fosse imposto dall’unico partner di governo accettabile…

In fondo è il modo con cui i politici sono abituati a giustificare i cambiamenti di rotta: non stiamo rinnegando il passato, stiamo “responsabilmente” prendendo atto di quello che le circostanze impongono.
Volendo spingersi ulteriormente in là con la fantasia, sarebbe anche l’occasione, per il PD, di effettuare quel rinnovamento interno (vero, non di facciata: non con format televisivi stile Renzi o con figure-di-alto-e-incontestabile-spessore – ma non si sa di quale contenuto – alla Zagrebelsky) che è il presupposto imprescindibile per la sua sopravvivenza.

E’ tutto molto improbabile, si capisce. Però a questo punto vengono in mente le parole che Arthur Conan Doyle metteva in bocca al suo immortale personaggio, Sherlock Holmes:

“Una volta eliminate tutte le cose impossibili, quello che resta, per quanto improbabile, dev’essere vero”

che, adattato, alle circostanze attuali, diventa
 
“al PD sono rimaste varie alternative – TUTTE molto improbabili…”

Tanto vale sceglierne una che, nella sua improbabilità, conduca a qualcosa.

domenica 24 marzo 2013

Euroexit: e se Grillo fosse un tattico sopraffino ?

Mi è balenato un pensiero, e immediatamente mi sono detto “bisogna che ci scriva un post”.

Molti degli elettori e degli attivisti M5S sono convinti che l’Italia debba uscire dall’euro. Su questo punto Grillo però esprime opinioni non proprio chiarissime, o meglio un po’ ballerine. Un giorno sembra convinto che si debba farlo (ma non lo afferma), un altro dice che il problema non è l’euro ma il debito…

E nei venti punti del programma M5S non c’è l’uscita dall’euro, c’è la proposta di un referendum. Il che ai simpatizzanti M5S anti-euro non piace perché sembra non avere logica:
-un referendum del genere potrebbe essere solo consultivo e non vincolante
-la maggioranza dell’opinione pubblica non appare sufficientemente informata o comunque potrebbe non avere le idee abbastanza chiare su come si svolge il processo di uscita
-le potenziali turbative di mercato, nell’imminenza dell’uscita, sono tali da far pensare che l’exit debba avvenire di sorpresa, con un decreto legge da emanare durante un fine settimana: non certo in conseguenza di un referendum.
 
Bene, mi è sovvenuto all’improvviso ieri mattina – e non pretendo che sia un’idea totalmente originale, però non l’ho letta né sentita da nessuna parte – che se voglio attuare l’euroexit di sorpresa, devo non averla come punto di programma anzi fino all’ultimo momento non devo affermare che ho deciso di metterla in atto.

Questo spiega l’atteggiamento di Grillo ? chissà…

Ho rotto le uova nel paniere se questa mia riflessione si diffonde ? no, perché Grillo non la confermerà. Anche se fosse vera. Soprattutto se fosse vera.

Quanto poi al fatto che esista una via alternativa all’euroexit che ottiene risultati analoghi, i Certificati di Credito Fiscale… questo lo sanno i venticinque lettori del mio blog, ma Grillo non credo (anche qui però, chi può dirlo …?)

sabato 23 marzo 2013

Sarebbe il colmo, ma esiste anche un quinto scenario per il dopo elezioni…

… rispetto a quelli che avevo sintetizzato qui.
 
Accordo PD – PDL. Si fa il governo, e dopo qualche mese avviene il recupero della sovranità monetaria da parte dell’Italia. Parte la ripresa dell’economia, e questa (solo questa) è l’unica eventualità che può permettere ai partiti tradizionali di recuperare le loro posizioni, ridimensionando il M5S in modo probabilmente irreversibile.
 
Tramite quali vie potrebbe verificarsi il recupero della sovranità monetaria italiana ? una presa di coscienza da parte del nuovo governo che è indispensabile sganciarsi dall’insostenibile situazione di oggi. Quindi euroexit o progetto Certificati di Credito Fiscale (introduzione di uno strumento monetario complementare e riallineamento della competitività italiana rispetto al Nord Europa).
 
Oppure, è la Germania che getta la spugna, ed esce lei dall’euro.
 
Possiamo perfino immaginare, in quest’ultima eventualità, Bersani che viene ricordato come il risanatore dell’economia italiana, con tanto di monumenti nelle piazze. Una grande ironia, ma nella storia se n’è vista più di una.
 
Quante probabilità attribuisco a questo scenario, in entrambe le versioni ? mi verrebbe da dire poche, però la crisi dell’euro è a un punto di svolta. Nulla può essere escluso perché la cosa più improbabile (mi sembra) è la continuità dela situazione di oggi per più di altri dodici mesi (al massimo).

lunedì 18 marzo 2013

Quattro scenari per il dopo elezioni

e relative conseguenze economiche e politiche a breve-medio termine.
 
UNO: accordo PD – PDL. Governo che non mette nel programma il recupero della sovranità monetaria. Pesante e continuo aggravamento della situazione economica. Si sfascia tutto entro dodici mesi al massimo. Nuove elezioni, M5S oltre il 40%.

DUE: accordo PD – M5S. Capo del governo di riconosciuta integrità e professionalità. Attuazione di vari punti importanti per M5S (ad esempio l’eliminazione dei rimborsi elettorali e dei finanziamenti all’editoria) ma non del recupero della sovranità monetaria. Pesante e continuo aggravamento della situazione economica. Si sfascia tutto entro dodici mesi al massimo. Nuove elezioni. Il M5S sparisce in quanto coinvolto in un governo fallimentare.

TRE: accordo PD – M5S. Capo del governo di riconosciuta integrità e professionalità. Attuazione di vari punti importanti per M5S (ad esempio l’eliminazione dei rimborsi elettorali e dei finanziamenti all’editoria) nonchè del recupero della sovranità monetaria. Rapida e forte ripresa dell’economia. Il governo è in grado di durare per l’intera legislatura.
 
QUATTRO: nessun accordo, elezioni subito. Improbabile che si cambi la legge elettorale prima delle elezioni.
 
NOTA: la via più opportuna per il recupero della sovranità monetaria è il progetto Certificati di Credito Fiscale: strumento monetario parallelo che costituisce un immediato sostegno alla domanda interna e nello stesso tempo riporta la competitività delle aziende italiane a livelli nordeuropei. E’ molto più semplice dell’uscita “secca” dall’euro dal punto di vista pratico e operativo. Non deve essere applicato di sorpresa. E’ anche più semplice da far accettare al pubblico – nessuno si ritrova con soldi che si trasformano da euro in qualcosa di diverso.

sabato 16 marzo 2013

Perché non dobbiamo attendere la Germania

Né nessun altro.

Nelle ultime settimane, di pari passo al continuo aggravarsi della crisi economica europea, ho letto vari commenti in merito a un possibile mutamento dell’atteggiamento tedesco verso la crisi dell’euro.

L’evidenza dei fatti ha una sua forza, ovviamente, e il disastroso fallimento delle politiche di austerità imposte dall’asse Bruxelles – Berlino – Francoforte è sempre più difficile da negare.

E le voci che esprimono opinioni ragionevoli hanno spazio sui media “tradizionali”, in Germania, anche più che in Italia. Vedi per esempio questo talk-show dello scorso 7 marzo sulla ZDF. L’esperto finanziario, il leader della Linke, Lafontaine, e il capofila del neonato movimento antieuro Alternative fur Deutschland, Lucke, esprimono concetti sensati e ben motivati. Suscitando un’ottima impressione rispetto al ministro lussemburghese “sognatore-europeista” e al capo della FDP, Bruderle.

Ma sarebbe un errore gravissimo adagiarsi sull’attesa che la realtà dei fatti produca da sé la soluzione del problema. Può succedere, ma nel frattempo i due maggiori partiti tedeschi, la CDU e l’SPD, non sono retrocessi di un millimetro sui dogmi dell’euro, dell’austerità, delle riforme come unica soluzione per i paesi in difficoltà eccetera.

Dopo le elezioni tedesche del prossimo autunno, il quadro politico vedrà forse un rafforzamento, ma comunque ancora un ruolo marginale dei partiti critici dell’attuale euro-assetto. Una strategia negoziata di riforma del sistema monetario europeo rischia di non avere, ancora, interlocutori di peso in Germania. Senza contare l’enorme complicazione di gestire e contemperare gli interessi dei vari paesi, che sono e rimarranno divergenti.

Ma poi, a che scopo ? l’Italia (e tutti i paesi in difficoltà dell’eurozona) hanno a disposizione le modalità tecniche per ristrutturare da sole il proprio sistema monetario. Senza ledere gli interessi di nessun altro paese.

martedì 12 marzo 2013

Manifesto di politica macroeconomica

Due precisazioni: i punti che seguono si trovano formulati, in forma maggiormente discorsiva, qui. E quando parlo di strumenti monetari complementari da introdurre nelle sigole nazioni dell'area euro, chiaramente faccio riferimento ai Certificati di Credito Fiscale.

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UNO: la piena occupazione e la stabilità dei prezzi sono gli obiettivi della politica macroeconomica.

 

DUE: in una nazione che controlla l’emissione della propria moneta, i due obiettivi sono quasi sempre compatibili.

 

TRE: nell’ultimo secolo l’unica eccezione rilevante rispetto al punto DUE è stato lo shock petrolifero degli anni Settanta.

 

QUATTRO: normali oscillazioni del ciclo economico possono essere gestite dalla banca centrale, abbassando i tassi e facilitando il credito quando la domanda rallenta o, al contrario, aumentando i tassi e rendendo più stringenti le condizioni di concessione del credito quando i prezzi salgono troppo velocemente.

 

CINQUE:  sono invece anormali le situazioni di trappola della liquidità (TL) che si producono quando la domanda cala a livelli molto depressi e la riduzione a zero dei tassi d’interesse non basta a riportarla al livello necessario per la piena occupazione.

 

SEI: la TL si è prodotta varie volte a seguito dell’esplosione di bolle speculative: crescita dei valori di azioni, immobili o altri beni a livelli irrazionali; massicci fenomeni di acquisti a credito; repentina caduta che ha lasciato investitori e pubblico gravati di debiti a rischio di insolvenza, e gli intermediari finanziari carichi di crediti di dubbia esigibilità.

 

SETTE: in situazione di TL, è necessaria un’azione diretta di sostegno della domanda: spesa pubblica, riduzione delle imposte, erogazione diretta di contributi ai cittadini o una combinazione di questi interventi.

 

OTTO: l’azione diretta di sostegno alla domanda deve essere finanziata con moneta di nuova emissione. Non ci sono aumenti significativi di inflazione né di tassi d’interesse, fino a quando l’occupazione non ritorna a livelli normali. Il cambio estero della moneta tende invece a deprezzarsi, il che peraltro aiuta la domanda grazie al miglioramento del saldo commerciale.

 

NOVE: il “quantitative easing” (la banca centrale compra titoli di Stato o altre attività finanziarie) dà invece benefici limitati. Si immette liquidità nel sistema bancario che però alimenta credito e domanda solo in misura modesta. Dopo la scoppio di una bolla speculativa, le banche sono cariche di crediti problematici e poco propense a erogare nuovi finanziamenti.

 

DIECI: il governo e la banca centrale devono quindi agire in modo coordinato: la banca centrale deve in effetti essere un’agenzia governativa.

 

UNDICI: ogni nazione, o più esattamente ogni ente pubblico territoriale che gestisce tutte (o la parte preponderante delle) politiche fiscali (tassazione e spesa) in vigore sul territorio, deve quindi essere in grado di emettere uno strumento di natura monetaria.

 

DODICI: per “strumento di natura monetaria”, più brevemente “moneta”, si intende un’attività finanziaria emessa da un’entità pubblica, che quest’ultima NON si impegna a rimborsare BENSI’ ad accettare a saldo delle obbligazioni verso di sé (ad esempio, le tasse).

 

TREDICI: i cambi flessibili tra le monete nazionali ammortizzano gli squilibri di competitività e prevengono la formazione di sbilanci nei saldi commerciali. Se più nazioni usano la stessa moneta, come oggi l’eurozona, è indispensabile introdurre strumenti monetari complementari nazione per nazione, finanziare politiche di detassazione dei costi produttivi e riprodurre lo stesso livello di flessibilità assicurato dalle valute nazionali a cambio fluttuante.

 

QUATTORDICI: il debito pubblico denominato nella moneta dello stato emittente non ha per definizione rischio di default, salvo che si decida volontariamente di non rimborsarlo. Casomai ci può essere un rischio di svalutazione della moneta di denominazione, se lo stato la emette in quantità che spingono la domanda al di sopra della capacità produttiva del sistema economico, e quindi producono una salita generale dei prezzi interni.

 

QUINDICI: se un sistema economico è in condizioni normali (non è in TL) l’incremento del sostegno a determinate forme di domanda (più spesa pubblica o meno tasse) causa un decremento di altre (spiazzamento). Se finanziato a debito, aumenta i tassi d’interesse. Se finanziato con emissione di moneta, aumenta i prezzi interni. Viceversa per il decremento del sostegno alla domanda. Quindi se l’economia non è in TL, sostenere determinate forme di domanda è utile per riallocare risorse, non per aumentare l’occupazione.

 

SEDICI: come detto al punto TRE, nell’ultimo secolo lo shock petrolifero degli anni Settanta è stato l’unico caso rilevante in cui piena occupazione e stabilità monetaria sono risultati temporaneamente incompatibili. Questo perché la crescita dei costi di produzione ha abbassato di colpo il PIL potenziale. Se non si fosse accettato un certo livello di inflazione, i redditi sarebbero calati non solo in termini reali ma anche nominali, creando massicce insolvenze di aziende e privati, TL e depressione dell’economia.

 

DICIASSETTE: nella rara e temporanea situazione di incompatibilità di cui a TRE e SEDICI, l’obiettivo della piena occupazione deve prevalere su quello della stabilità monetaria.

sabato 9 marzo 2013

Piccoli passi verso i CCF... ?

"L'idea di una terapia d'urto per il pagamento immediato di una parte dei crediti commerciali della Pa alle imprese tramite nuove emissioni di titoli pubblici proposta da Luigi Guiso e Guido Tabellini sul Sole 24Ore di ieri piace a Pd, Pdl e Scelta Civica (non siamo riusciti a trovare un interlocutore di Cinque Stelle)".
Due giuste osservazioni di Stefano Fugazzi in merito a questo articolo: “a) Era ora di sbloccare questi pagamenti, ma si tratta comunque di una richiesta proveniente da Bruxelles (e in teoria il provvedimento era da attuare entro l'8 marzo se ben ricordo). b) Non è un'idea nuova. E' una variante della Monorchio e Salerno con la proposta "Cash & Kind". E c’è pure un precedente, anche se la situazione era molto diversa: ci fu un momento in cui si pagarono in Bot gli aumenti della scala mobile ai dipendenti pubblici.
In effetti accadde negli anni Settanta, e anche per i dipendenti privati. Sono abbastanza vecchio per ricordarmi i Bot che mio padre teneva in un cassetto, avendoli ricevuti come parte dello stipendio, con tanto di sforbiciamento delle cedole (proprio taglio fisico, intendo…) ad ogni fine di mese.
Pagare in titoli di Stato alcune obbligazioni della Pubblica Amministrazione può essere un primo passo verso l’attuazione del progetto Certificati di Credito Fiscale, ma ci sono due ulteriori passaggi di fondamentale importanza.
UNO: rendere i titoli utilizzabili per pagare imposte future – a quel punto non sono più debiti dello Stato, ma a tutti gli effetti una forma di moneta parallela – presupposto per ridare la necessaria autonomia al sistema monetario italiano.
DUE: utilizzare le emissioni di CCF anche e principalmente per ridurre il carico fiscale sul lavoro, in modo da riequilibrarne le competitività intra area euro (ad esempio tra Italia e Germania).

mercoledì 6 marzo 2013

Non si può saltare un burrone in due balzi ovvero… il PD e la crisi (vedi post precedente)

Oggi i media riportano gli otto punti della “piattaforma programmatica di Bersani per un governo di cambiamento” che sono il risultato, immagino, dell’analisi della sconfitta (mancata vittoria ?) elettorale. Nonché il tentativo di persuadere il M5S a sostenere un ipotetico governo a guida PD.
Dopo averli letti viene da dire… è tutto così semplice ed evidente, perché continuate a non vedere, a non guardare ?
PRIMO: Grillo al 25% l’ha portato la crisi economica, altrimenti sarebbe arrivato forse al 3%, forse al 5%.
SECONDO: se non avete una soluzione alla crisi, perché M5S dovrebbe sostenervi ? per essere coinvolto nel disastro ulteriore dell’economia ? in un governo che avrebbe un anno di vita al massimo ?
TERZO: pensate di abbindolare qualcuno con i punti dal 2 all’8, cioè con qualche strizzata d’occhio a costi della politica, green economy eccetera (ma niente abolizione dei rimborsi elettorali e dei finanziamenti alla stampa, per esempio) ?
QUARTO e più importante: il punto 1 è quello che tocca il tema crisi economica e dice: “Fuori dalla gabbia dell’austerità. Il Governo italiano si fa protagonista attivo di una correzione delle politiche europee di stabilità. Una correzione irrinunciabile dato che dopo 5 anni di austerità e di svalutazione del lavoro i debiti pubblici aumentano ovunque nell'eurozona. Si tratta di conciliare la disciplina di bilancio con investimenti pubblici produttivi e di ottenere maggiore elasticità negli obiettivi di medio termine della finanza pubblica. L'avvitamento fra austerità e recessione mette a rischio la democrazia rappresentativa e le leve della governabilità. L'aggiustamento di debito e deficit sono obiettivi di medio termine. L'immediata emergenza sta nell'economia reale e nell'occupazione”.
I burroni in due balzi non si saltano, dice un proverbio cinese. Non è questione di “correggere le politiche europee di stabilità”. E’ questione di riconoscere che tutto il disegno dell’unione monetaria europea, e i trattati che lo corredano (MES, Fiscal Compact, Six Pack, Two Pack) sono una costruzione da smantellare.
E non trovando accordi con Bruxelles, Berlino, Francoforte. Ma scegliendo la via autonomamente, e mettendola in atto.
Altrimenti nessun programma ha la minima possibilità di permettere il superamento della crisi. E una maggioranza di governo non si forma (se non con il PDL magari…) ma se anche fosse ? a che servono sei, dodici mesi di governo con l’economia italiana, l’apparato produttivo che continua a disgregarsi ?
Non è un problema di volti, di avere al posto di Bersani qualcuno (Renzi, Rodotà, Barca) più carismatico o telegenico. E’ un problema di ammettere che per vent’anni e più si sono raccontate fandonie al proprio elettorato.
Che il PD arrivi a capire questo e ad agire di conseguenza mi pare un’ipotesi MOLTO remota, comunque vediamo… è un problema di settimane, non di mesi.

lunedì 4 marzo 2013

Il Movimento 5 Stelle sta uccidendo il Partito Democratico ?

No, al massimo lo sta seppellendo.

Il PD si è ucciso da solo.

Si è ucciso tradendo il suo elettorato.

Si è ucciso tradendo le classi sociali che doveva rappresentare.

domenica 3 marzo 2013

Spieghiamo a Scalfari che non si può trisecare l’angolo

Oggi l’editoriale di Scalfari è decisamente più breve delle sue consuete “messe cantate” domenicali. A corto di argomenti anche lui ?

Niente di male, anzi la sintesi va a beneficio della chiarezza. E chiaramente il fondatore de “La Repubblica” afferma che cosa a suo parere dovrebbe essere realizzato nei tempi più brevi possibili: un governo che “metta al primo posto la riforma elettorale e una politica economica ed europea che punti sulla crescita, fermo restando il pareggio del bilancio e il rispetto del fiscal compact che è una legge europea già ratificata dal Parlamento italiano”.

Siccome oggi è in vena di essere sintetico, Scalfari non aggiunge – ma è sottinteso, si capisce – che tutto questo dovrebbe avvenire senza mettere in dubbio l’euro nella sua forma attuale, e senza attuare nessuna riforma del sistema monetario europeo.

Bene, i matematici dell’antichità hanno dedicato tantissime energie, per secoli, a trovare sistemi per effettuare – utilizzando come strumenti solo una riga e un compasso – una delle seguenti tre costruzioni.

Quadrare il cerchio, cioè costruire un quadrato di area esattamente uguale a un cerchio dato.

Duplicare il cubo, cioè costruire un cubo di volume esattamente uguale a un cubo dato.

Trisecare l’angolo, cioè suddividere un angolo in tre parti esattamente uguali.

Le migliori menti matematiche, dicevo, hanno studiato questi problemi per secoli, e non li hanno risolti. Perché non hanno soluzione (come alla fine si è dimostrato).

C’è un modo per far capire a Scalfari che la sua richiesta appartiene alla medesima categoria di impossibilità ?

O se non a lui, ai vari milioni di elettori PD che ancora, e in molti casi tuttora con onestà e buona fede, continuano a considerarlo la loro mente ispiratrice ?

In fondo non è così difficile. Quando ti accorgi che i tuoi schemi di pensiero non funzionano, prova qualcos’altro. Questo, magari.