venerdì 11 ottobre 2013

CCF: modello di previsione del debito pubblico

In merito al progetto CCF una delle domande più ricorrenti è “OK tu proponi di emettere e assegnare senza corrispettivo, a cittadini e aziende, questi Certificati che sono negoziabili immediatamente, quindi hanno valore fin da subito. Saranno utilizzabili (due anni dopo l’emissione) per pagare le tasse. Su che basi prevedi che questo non crei difficoltà, in futuro, riguardo alla sostenibilità del debito pubblico ?”
 
Domanda molto legittima (formulata tra gli altri, pochi giorni fa, da Alessandro Pedone). Qui di seguito illustro un modello numerico, dove mi sono sforzato al massimo di chiarire i dati essenziali senza introdurre nessuna complicazione superflua.
 
Parto dalle previsioni dell’ultimo documento rilasciato dal Ministero dell’Economia (MEF) (20.9.2013). Per il 2013 si prevede un PIL di 1.557 miliardi e un rapporto debito pubblico lordo / PIL del 133%.
 
Per gli anni successivi (2014-2017) il documento prevede tassi di crescita reali positivi (1-1,7-1,8-1,9%), troppo bassi tuttavia per ridurre la disoccupazione e il sottoutilizzo della capacità produttiva dell’economia. Dal 2018 in poi, ho ipotizzato un 1,5% costante.
 
L’inflazione (deflatore del PIL) è prevista sotto il 2% fino al 2017. Ho mantenuto il 2% successivamente.
 
Il documento MEF prevede anche che si riesca, tra il 2014 e il 2015, a portare il bilancio pubblico in pareggio. Il debito pubblico quindi finisce per stabilizzarsi a 2.140 miliardi nel 2017, e cala gradualmente in rapporto al PIL.
 
Questo è lo scenario “inerziale”, senza CCF.
 
Lo scenario “con CCF” prevede di assegnare, a partire dall’1.1.2014, 200 miliardi (all’anno) di Certificati di Credito Fiscale.
 
Essendo moneta (sia pure a utilizzo differito) i CCF immediatamente aumentano il potere d’acquisto di chi li riceve e diminuiscono il costo del lavoro effettivo delle aziende (destinatarie di una quota rilevante di assegnazioni, al fine di riallineare la competitività delle imprese italiane ai livelli dei paesi più efficienti dell’area euro-nord – Germania in primo luogo).
 
Moltissimi tra i più affermati economisti (Olivier Blanchard e Paul Krugman tra gli altri) affermano che in una situazione di domanda molto depressa, un’azione di sostegno alla domanda produce una crescita di PIL più che proporzionale. Questo accade perché il maggior potere d’acquisto mette in moto una catena di eventi: il percettore aumenta i consumi, le aziende espandono la produzione, riprendono ad assumere, si rivitalizza il credito bancario perché le imprese e gli individui migliorano la loro affidabilità, eccetera.
 
Ho qui ipotizzato un effetto moltiplicativo di 1,5, distribuito però su tre anni. In pratica 200 miliardi di potere d’acquisto in più espandono il PIL di 300, in ragione di 100 all’anno nel 2014, nel 2015 e nel 2016.
 
Infine, nel 2013 le entrate delle pubbliche amministrazioni sono state pari al 48,7% del PIL. Ho lasciato la percentuale costante: quindi 100 miliardi di PIL in più producono 48,7 miliardi di maggiori incassi statali. Nel 2014 e nel 2015 questo genera una riduzione del debito pubblico.
 
A partire dal 2016, continua il beneficio del maggior PIL sugli incassi statali, a fronte del quale però ogni anno 200 miliardi di CCF vengono utilizzati per pagare tasse e altri oneri dovuti allo Stato.
 
Alla fine i due effetti, in termini di valore assoluto del debito pubblico lordo, si compensano. Anche nello scenario “con CCF” ci si stabilizza a circa 2.100-2.200 miliardi.
 
Naturalmente con un’importantissima differenza: nello scenario “con CCF” il PIL è molto più alto, la disoccupazione è molto più bassa e il rapporto debito pubblico lordo / PIL già nel 2016 è del 100% circa, e rimane costantemente, nettamente inferiore rispetto al caso “senza CCF”.
 
Ecco qui i numeri.
 
 
Anno  201320142015201620172018201920202021202220232024202520262027202820292030
PIL senza CCF 1.5571.6021.6611.7191.7821.8451.9101.9772.0472.1192.1942.2712.3522.4352.5212.6102.7022.797
Crescita reale1,0%1,7%1,8%1,9%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%
Inflazione   1,9%1,9%1,7%1,7%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%
Debito pubblico lordo2.0712.1282.1492.1492.1402.1402.1402.1402.1402.1402.1402.1402.1402.1402.1402.1402.1402.140
Debito pubblico lordo / PIL %133,0132,8129,4125,0120,1116,0112,0108,2104,5101,097,594,291,087,984,982,079,276,5
Beneficio da CCF  100100100              
PIL con CCF 1.5571.7021.8642.0302.1042.1782.2552.3352.4172.5022.5912.6822.7772.8752.9763.0813.1903.303
Crescita reale escluso beneficio CCF1,0%1,7%1,8%1,9%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%
Crescita reale incluso beneficio CCF7,3%7,5%7,1%1,9%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%1,5%
Inflazione   1,9%1,9%1,7%1,7%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%2,0%
Debito pubblico lordo2.0712.0792.0012.0502.0832.1212.1522.1782.1982.2112.2182.2182.2102.1962.1742.1442.1052.059
Debito pubblico lordo / PIL %133,0122,1107,3101,099,097,495,593,390,988,485,682,779,676,473,069,666,062,3
Maggior PIL  100204311322333345357370383397411425440456472488506
Maggiori incassi fiscali  48,7%4999152157163168174180187193200207215222230238247
Effetto utilizzo CCF    -200-200-200-200-200-200-200-200-200-200-200-200-200-200-200
Differenza debito  491481005719-13-38-58-71-78-78-70-56-34-43481

19 commenti:

  1. Mauro Ammirati: In realtà, dottore, ha addirittura sottostimato l'effetto moltiplicatore, che molti quantificano al 2,5. Quello da lei tracciato è il quadro, per così dire, pessimistico.

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    1. Un fattore importante che può modificare (in meglio) le ricadute è se poi lo stesso schema (o varianti) viene contemporaneamente adottato anche dagli altri paesi in difficoltà dell'eurozona. Ci sarebbero con ogni probabilità feedback positivi.

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    2. Se il moltiplicatore fosse addirittura maggiore di 1,5, non si può contare su un effetto espansivo del PIL superiore a 300 mld circa perché si "sbatte" a quel punto contro il limite di capacità produttiva del sistema economico. Ma sarebbe allora sufficiente un'emissione annua di CCF minore di 200, il che è migliorativo sul trend futuro del debito pubblico (minore assorbimento di entrate fiscali dal 2016 in poi).

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  2. Alessandro Pedone: Marco, grazie dell'articolo. Sebbene il ragionamento abbia una logica abbastanza condivisibile trovo che abbia il difetto che hanno molti modelli economici ovvero quello di scambiare la semplificazione matematica con la realtà. Ci sono diverse cose che possono andare storte: ti faccio un esempio. Lo stato emette questi certificati a 2 anni ma durante il primo anno di fatto questi non circolano perché l'infrastruttura per farli circolare non è pronta o perché la gente non ha ancora capito il meccanismo o per altre ragioni che oggi non comprendiamo ma che possono verificarsi. L'incremento del PIL atteso, quindi, non si verifica per il primo anno. Magari inizia a verificarsi nel secondo anno ma in maniera molto meno accentuata del previsto in conseguenza, magari, di un forte rallentamento dell'economia mondiale per eventi inattesi (metti un Fukushima che va peggio di come è andata, un 11 settembre, una crisi finanziaria grave in USA, ecc.). Ci troviamo all'inizio del terzo anno a dover incassare i crediti su un PIL molto più basso delle attese e quindi ad avere un fortissimo incremento del debito il che potrebbe innescare una spirale negativa sui tassi d'interesse, ecc. ecc. ecc. Insomma c'è una componente di rischio in questo modello. Il principio, però, è giustissimo e potremmo ridurre drasticamente questa componente di rischio se concediamo allo stato di pagare una parte della sua spesa con questi certificati che diventerebbero una moneta complementare da affiancare all'Euro. Con questo particolare ci evitiamo dei rischi notevoli, a mio avviso. Se l'idea di una moneta complementare è troppo eterodossa, io sarei un po' più prudenziale e darei una scadenza di 4-5 anni ai certificati immettendone nel primo anno solo 30-50 miliardi, 100 nel secondo anno e negli anni successivi mi regolerei in base all'effettiva circolazione. Ultima considerazione e poi ti lascio. Non hai risposto alla mia domanda centrale, ovvero come stimi l'effetto sul PIL dell'introduzione della liquidità. Tu, in pratica, ti sei richiamato al moltiplicatore Keynesiano. Mi spiace dirtelo, ma questo è un punto MOLTO debole della tua proposta. Le cose sono molto più complicate rispetto ad applicare un moltiplicatore stimato a caso. Perché un'economia cresca del 7% in un anno c'è bisogno di tutta una serie di fattori che si affiancano alla liquidità. La liquidità è una condizione necessaria ma non SUFFICIENTE. C'è un problema di infrastrutture, un problema di capacità produttiva che non si improvvisa da un anno ad un'altro per il fatto che c'è più liquidità nel sistema. Insomma l'automatismo metto liquidità per Y ed il PIL cresce di Y*k all'anno con k sempre positivo è una semplificazione a mio avviso eccessiva.

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    1. Sul tema infrastrutture e capacità produttiva: il PIL italiano reale 2013 è 9% inferiore a quello del 2007... qui non stiamo parlando di creare chissà quali infrastrutture, stiamo parlando di recuperare livelli di produzione CHE GIA' ERANO STATI CONSEGUITI nel 2007, maggiorati del fisiologico incremento di PIL potenziale dovuto alla demografia e ai miglioramenti tecnologici. Non la ritengo affatto un'ipotesi debole, mi sembra totalmente realistica. Sull'altra tua obiezione - eventi negativi inattesi: e se questi si verificano nello scenario inerziale ? un evento imprevisto è molto più negativo se si verifica in una situazione debole come l'attuale, che in una fase di recupero. Quanto alla possibilità che ci sia inizialmente una bassa accettazione dei CCF, al massimo posso pensare che si crei mercato dove circolano con tassi di attualizzazione non a livello BOT a due anni, ma più alti, tipo magari 5-6% annuo. Non ne vedo francamente il presupposto, ma se succede a mio modesto avviso poco cambia. Fa un buon affare chi li acquista e ha un beneficio un po' inferiore al previsto chi si trova nella necessità di monetizzarli in anticipo. Ma è comunque un grosso, concreto vantaggio.

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  3. Alessandro Pedone: Marco, forse mi sono espresso male per la fretta. Io non dico che l'ipotesi del moltiplicato di 1,5 in tre anni sia un'ipotesi irreale. Dico che la spiegazione teorica dell'applicazione di un moltiplicatore sia molto debole sul piano teorico. Sia chiaro, io la tua proposta la sposo al 100% (sebbene personalmente penso che si possa fare anche molto meglio se solo riusciamo ad essere un po' più innovativi, ma comprendo che l'essere umano è tendenzialmente estremamente conservativo).

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    1. Sai, che esista un moltiplicatore positivo, specialmente partendo da livelli di domanda depressa, non so fino a che punto sia "dimostrabile" sul piano teorico. Ma tutta l'evidenza EMPIRICA punta in quella direzione, e mi pare "a contrario" che proprio il fallimento dell'austerità europea, negli ultimi anni, ne sia una prova molto difficile da contestare. Poi, che ci siano autorità politiche che continuano a negare i fatti non mi pare una confutazione...

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  4. Alessandro Pedone: Quanto ai rischi che dicevo. E' ovvio che un evento negativo sarebbe più negativo se non ci fosse più liquidità nel sistema il problema è che quando lo stato deve accettare questi certificati dopo solo due anni potrebbe trovarsi con un grossissimo buco e questo potrebbe peggiorare drasticamente la situazione, anche sul piano dei tassi d'interesse. Nel primo periodo i problemi di ritardo nella circolazione potrebbero verificarsi anche per semplici problemi di infrastruttura, le banche dovranno aggiornare i loro software, le aziende le loro contabilità, la gente dovrà capire cosa esattamente siano. Affinché vi sia un vero effetto moltiplicatore questi certificati dovrebbero essere spesi più volte, ciò significa che si dovrebbero creare delle carte di credito e dei conti bancari basati su questi certificati che dovrebbero essere una vera e propria sorta di moneta complementare, questo richiede un po' di tempo. Insomma, la vedo un'ottima cosa, ma sarei quantomeno più prudente nei numeri e nelle stime. Inoltre mi vorrei tenere una "via di uscita" nel caso le cose funzionassero in modo più lento e questa via di uscita sarebbe la possibilità poter pagare le spese dello stato con questi strumenti. In altre parole, o i CCF sono un modo per mascherare una moneta complementare a tutti gli effetti, oppure sono solo un modo per mascherare un debito. La differenza fra queste due cose (poiché sappiamo che la moneta E' un debito, anche in riferimento all'euro) sta solo nella circolazione. La moneta non la devo ripagare, i CCF se non posso usarli per spenderli purtroppo li devo ripagare in Euro e potrei trovarmi nel momento in cui come Stato ho difficoltà a farlo.

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    1. Questi ritardi temporali che citi sono uno dei motivi per cui ho suddiviso il beneficio su tre anni. Tra l'altro, se vedi la bozza di proposta di legge, le modalità di introduzione in realtà sono molto semplici e dal punto di vista del software bancario e amministrativo le modifiche sarebbero addirittura banali. E anche un sistema di carte di credito può essere introdotto in tempi molto rapidi (si fanno cose ben più complicate di questa...)

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  5. una domanda fuori tema: se l'euro scompare che fine fanno le riserve in euro di paesi come Usa e Cina ?

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    1. Dipende da come avviene la scomparsa. Le riserve intanto non sono, ovviamente, detenute in monete e banconote, ma in attività finanziarie. Se sono titoli di stato tedeschi, per esempio, si può pensare che - nel caso di ritorno di ogni paese a monete nazionali - si convertano in nuovi marchi e quindi si rivalutino. Ma non è scontato - la Germania potrebbe puntare a non rivalutare il suo debito, e quindi non accettare un rimborso a valori diversi dalla media ponderata delle monete in cui l'euro si fraziona. Va visto caso per caso, in funzione anche della natura dei contratti sottostanti. C'è sicuramente il rischio di molta caoticita' e di molti contenziosi.

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  6. L'euro ha reso i prezzi dei beni esteri più convenienti di quelli italiani, da questo deriverebbe lo squilibrio della bilancia commerciale. Dunque se si immette liquidità nel sistema senza uscire dall'euro una parte della suddetta liquidità potrebbe finire nell'acquisto di beni esteri determinando un ulteriore squilibrio della bilancia commerciale. Poiché i CCF immettono liquiditá senza uscire dall'euro è possibile che una quota finisca per essere destinata all'acquisto di beni esteri? E' possibile stimare detta quota?

    Gios

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    1. Un punto FONDAMENTALE del progetto CCF è che una quota significativa delle assegnazioni va alle aziende private ed abbatte il loro CLUP, portandolo all'incirca ai livelli della Germania. Secondo le ultime stime, utilizzando a questo fine 83 mld su assegnazioni totali di 200 si ottiene una riduzione di CLUP del 18%.
      Il recupero di competitività permette a parità di condizioni di aumentare le esportazioni, e anche di ridurre l'import (in quanto i prodotti italiani sono più competitivi rispetto alle alternative estere).
      Dall'altro lato c'è un incremento delle importazioni dovuto al recupero del PIL e ai conseguenti maggiori consumi interni.
      Nel 2013 la bilancia commerciale italiana è all'incirca in pareggio (era in deficit fino al 2011, poi l'austerità ha prodotto il crollo della domanda e quindi anche delle importazioni). Export e import si aggirano sui 500 mld annui, un po' più del 30% del PIL.
      Implementando il progetto CCF si possono stimare effetti di questo tipo (per semplicità ipotizzo qui che tutto avvenga in un singolo anno, mentre con ogni probabilità le variazioni si distribuiranno nell'arco di 2-3 anni circa).
      -Il PIL sale da 1.550 a 1.850 (a prezzi costanti).
      -L'export si incrementa per circa 60-70 mld.
      -L'import scende (ceteris paribus) per circa 20-30 (maggiore competitività tale per cui le produzioni interne sostituiscono alcune importazioni).
      -L'import sale per circa 90 mld (maggior import per maggiore domanda interna).
      Grosso modo il saldo netto sono 60-70 mld di export in più e 60-70 di maggiori importazioni nette.
      Da un saldo commerciale in pareggio con 500 mld sia di import che di export, con un PIL di 1.550, passiamo a una situazione dove siamo sempre in pareggio, con import e export di 560-570 su un PIL di 1.850.

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    2. Dunque il suddetto rischio sussisterebbe se i CCF fossero destinati integralmente al reddito di cittadinanza o al lavoro minimo garantito . In tal caso mi chiedevo se è possibile limitare l'utilizzo dei CCF al solo acquisto di prodotti made in Italy?

      Gios

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    3. Se non utilizzassimo i CCF (anche) per ridurre il CLUP delle aziende ci sarebbe il problema degli sbilanci commerciali, certo. Appunto per questo è essenziale destinarne una parte alle aziende, in quantità tanto maggiore quanto più sono alti i loro costi di lavoro.
      Limitare l'utilizzo (per legge) ai soli acquisti di prodotti italiani non è necessario. Appunto perché, per i motivi che spiegavo sopra, è prevedibile un incremento di export e di import per importi all'incirca uguali, l'Italia disporrà dei maggiori incassi di valuta estera necessari a pagare le maggiori importazioni.

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  7. Dott.Cattaneo non doveva uscire oggi nelle librerie il libro?


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    1. C'è qualche settimana di ritardo ma siamo in dirittura d'arrivo ! la aggiorno a breve.

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  8. Dott. Cattaneo,

    ho seguito con interesse la sua proposta dei CCT e credo che dovrebbe meritare quantomeno un'analisi da parte del governo o chi per loro.
    Mi domando visto che mi pare ormai chiaro che il nostro problema economico abbia nella moneta unica una delle cause più forti perchè non siano state mai valutate soluzioni di questo tipo che cercano di affrontare il problema invece di attuare bovinamente le ricette depressive confezionate all'estero. Lei si è dato una risposta a riguardo?

    Enrico

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    1. La mia impressione è che entrano in gioco motivazioni che si rafforzano a vicenda ma che in effetti sono diverse.
      Il governo attuale (e anche il precedente) è fortemente filo-Bruxelles, si sente legato alle élite burocratiche UE, di cui Monti peraltro ha fatto a parte a lungo, Letta probabilmente spera di continuare ad averne il supporto o magari di entrarci in futuro ecc.
      Il PD poi è l'erede della "sinistra" (o presunta tale) che per anni ha considerato l'ingresso nell'euro il suo più grande successo, e non riesce ad effettuare l'"operazione verità" di ammettere che il meccanismo non funziona e va rifatto.
      Nell'ambito PDL naturalmente le valutazioni sono abbastanza diverse, ma (come di consueto) prevale l'opportunismo.
      Si tratta, peraltro, di figure (per essere benevoli) di politici che non sono statisti: orientati a scegliere la linea che consente la loro sopravvivenza / tornaconto, e che naturalmente tende a essere l'allineamento ai poteri forti, o presunti tali.
      Il potere più forte di tutti oggi è la Germania che - ricordiamolo - considera la UE uno strumento per perseguire i propri interessi nazionali (di cedere sovranità non ha nessuna intenzione).
      Tutto questo spinge per ora al mantenimento dello status quo, tuttavia con difficoltà sempre crescenti via via che l'austerità si rivela deleteria e che le opinioni pubbliche dei vari paesi tendono a orientarsi verso forze politiche scettiche se non ostili nei confronti di Bruxelles.
      Un altro elemento da considerare è che lo status quo fin qui ha dato grossi vantaggi alla Germania, ma la consapevolezza che da qui in poi i benefici diventano sempre più dubbi sta crescendo anche da loro.
      Date - purtroppo - le caratteristiche dei politici italiani, temo che continueranno a comportarsi come se non ci fossero alternative fin quando non arriveranno input diversi dall'esterno.
      In tutto questo, io sto promuovendo la mia soluzione (i CCF) che è una proposta tecnica. Perché non vengono valutate soluzioni di questo tipo ? perché sono una rottura dello status quo, e fin quando non arriva un segnale di cambio di direzione (ripeto, temo dall'esterno) la reazione è "tapparsi le orecchie".
      Detto questo, le cose stanno maturando. Stimare i tempi è aleatorio. Però sviluppare in dettaglio una soluzione tecnica che minimizzi, o meglio ancora elimini del tutto, danni e rischi della transizione a mio parere è fondamentale. Sia per gestire al meglio il processo, sia (ancora prima) per accelerare la decisione di avviarlo.

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