mercoledì 29 ottobre 2014

Altre riflessioni sulla moneta complementare statale


In merito al progetto CCF, stiamo raccogliendo pareri e commenti di diversi economisti. Trovate qui di seguito una serie di mie considerazioni in risposta ad alcune opinioni che abbiamo ricevuto. Non cito l’autore delle argomentazioni a cui replico, e non le riporto testualmente, solo perché mi manca il tempo di riceverne autorizzazione. Credo, comunque, che siano facilmente intuibili dalle mie risposte.

 

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Sotto il profilo strettamente giuridico, con particolare riferimento ai trattati che governano il funzionamento dell’Eurozona, la proposta CCF si muove inevitabilmente in un’area “ibrida” o “grigia”, appunto perché introduce uno strumento innovativo, che non era stato concepito del momento in cui i trattati venivano redatti. La mia opinione, comunque, è che la coerenza dei CCF con i trattati è sostenibile con argomenti più forti di quelli che sono stati adottati a supporto dell’OMT, o degli acquisti di titoli italiani e spagnoli effettuati dalla BCE ancora nel 2010-2011.

 

Ciò premesso, gli argomenti più solidi a supporto di un’innovazione come i CCF sono politici e “fattuali”. Il sistema odierno non regge, i tentativi di negare la realtà stanno producendo danni economici e sociali sempre più gravi, e minano la stabilità politica di tutti i paesi dell’Eurozona mediterranea. Accettare questa realtà e trarne le dovute conseguenze si scontra con le inerzie e le resistenze dei processi decisionali e di potere, ma i fatti spingono in questa direzione e non saranno sottigliezze giuridiche, peraltro altamente opinabili, a bloccare questo processo.

 

Non c’è dubbio che i CCF non risolvano temi di fondo quali il problema della creazione privata di moneta e le sue conseguenze sull’instabilità cronica del sistema finanziario. Vanno però nella direzione giusta perché sono un modo rapido ed efficace per immettere potere d’acquisto nell’economia reale, mediante uno strumento monetario di diretta emissione e gestione da parte dello Stato. Sono in grado di risolvere questa crisi e anche altre eventuali future prodotte dall’instabilità del sistema finanziario: rimane poi aperta la riflessione su come PREVENIRE queste crisi, e qui entrano in gioco le riflessioni in merito all’evoluzione della regolamentazione, alla reintroduzione della separazione banche commerciali / banche d’investimento, a “Positive Money” eccetera. Su cui occorre lavorare e lo stiamo facendo – ma che non devono bloccare gli interventi la cui necessità è imminente, anzi immediata. Non ci sono ancora le condizioni per riformare il sistema finanziario nella sua interezza, ma questo non deve assolutamente essere un indugio a risolvere il problema odierno.

 

La proposta CCF si collega poi a idee come quella dei “BTP fiscali” che accelerano ulteriormente il processo di “rinazionalizzazione” del debito pubblico, cioè della progressiva (ma rapida) trasformazione del debito non sovrano (quello in euro, cioè il debito vero, soggetto a rischio di default) in strumenti monetari non soggetti a default (CCF e BTP fiscali), che di fatto sono forme di moneta nazionale. A mio parere questo processo, con un corretto intervento di stimolo della domanda e dell’economia come quello consentito dai CCF, potrà essere effettuato senza ricorrere ad azioni coercitive. Detto questo, se fosse necessario, o politicamente opportuno, introdurre una forma (nei fatti) di imposizione patrimoniale mediante sostituzione forzosa di titoli in euro con BTP fiscali, in un contesto di domanda e di economia che ripartono, per accelerare il processo di “rinazionalizzazione” sopra descritto, si tratterebbe di un’azione molto più indolore delle ipotesi di ristrutturazione che vengono di tanto in tanto ventilate (e che senza una contestuale azione espansiva sulla domanda non risolverebbero, in realtà, la crisi in atto).

 

PS in merito a quest’ultimi punto, ribadisco che, a mio parere, sono azioni assolutamente non necessarie. Ne parliamo a breve (ho promesso alcune analisi numeriche, come qui accennato, e manterrò la promessa, credo già con il prossimo post…).

lunedì 27 ottobre 2014

Introdurre i CCF è un’euroexit


Insieme a Biagio Bossone, Enrico Grazzini, Stefano Sylos Labini e Giovanni Zibordi, si sta lavorando a una serie di iniziative (articoli, appelli, convegni) per stimolare nel modo più ampio ed efficace possibile l’attenzione di organi d’informazione, economisti ed opinione pubblica in merito alla Riforma Morbida.

E’ bene ribadire un punto che non mancherà di creare equivoci.

Emettere moneta complementare nazionale – i Certificati di Credito Fiscale – è già a tutti gli effetti una forma di uscita dall’euro. Nel momento in cui si torna ad emettere una propria moneta, si riacquista la capacità di sviluppare politiche macroeconomiche autonome e si superano i vincoli dell’attuale eurosistema.

Per questa via, l’euro può evitare un processo di rottura deflagrante, con tutti i rischi, le complicazioni, e le gravi inefficienze che questo comporterebbe.

Ma è molto probabile che comunque, nel giro di alcuni anni, l’euro venga gradualmente sostituito dai CCF, che da moneta complementare si trasformeranno nella moneta a circolazione predominante, e saranno sempre più frequentemente utilizzati per contratti di ogni tipo, sia pubblici che privati. Finendo per trasformare l’euro in quello che prima del 1999 era l’ECU: una moneta utilizzata per fini statistici e per alcune particolari transazioni, soprattutto finanziarie, ma di scarso e poco rilevante utilizzo nella pratica quotidiana.

Tutto ciò potrebbe essere attuato grosso modo come ho sintetizzato qui. Mi pare il modo più razionale per uscire dall’assurda situazione in cui questo progetto sbagliato e insostenibile, la moneta unica europea, ha condotto il nostro continente.

venerdì 24 ottobre 2014

CCF e BTP fiscali


La soluzione dell’eurocrisi, che darebbe all’Eurozona un assetto permanente e stabile, può a mio parere svilupparsi sulla base dei seguenti principi.

Ogni stato si impegna a mantenere il saldo tra incassi e pagamenti pubblici in euro al di sotto di una percentuale prefissata del PIL, anno per anno. Il limite potrebbe essere il 3% di cui al trattato di Maastricht, o anche un livello più conservativo: si può arrivare al pareggio di bilancio pubblico (definito come sopra – saldo incassi / pagamenti in euro).

I paesi che hanno un eccesso nel rapporto debito pubblico lordo / PIL, rispetto al 60%, si impegnano a ridurlo anno per anno, entro un arco di tempo di vent’anni come previsto dal Fiscal Compact (o anche più breve). Per debito pubblico si intende quello che deve essere rimborsato in euro.

Il raggiungimento di questi obiettivi è impossibile mediante l'adozione di politiche di austerità, che comprimono il PIL e vanificano il beneficio sul deficit pubblico che da ormai tre anni ci si propone (senza successo) di raggiungere mediante tagli di spesa e incrementi di tassazione.

Diventa invece possibile se vengono adottati gli strumenti previsti dalla Riforma Morbida:

Certificati di Credito Fiscale, ovvero titoli che vengono attribuiti gratuitamente alle aziende per ridurre i loro costi di produzione, ai lavoratori per integrare i loro redditi, e vengono inoltre utilizzati per effettuare altre azioni di spesa, investimenti pubblici e integrazione di potere d’acquisto di varie categorie di soggetti (integrazioni pensionistiche, reddito di cittadinanza, ecc.). I CCF danno diritto al possessore, a partire da due anni dopo la loro attribuzione, di utilizzarli per pagare tasse e per saldare obbligazioni finanziarie di qualsiasi tipo nei confronti della pubblica amministrazione.

BTP fiscali: vengono emessi titoli che lo Stato non si impegna a rimborsare bensì ad accettare (alla scadenza di capitale e interessi) a soddisfacimento di tasse e altre obbligazioni finanziarie nei confronti della pubblica amministrazione (analogamente ai CCF).

In aggiunta, ulteriori aggiustamenti utili a conseguire gli obiettivi di riduzione del deficit pubblico e del debito pubblico da rimborsarsi in euro possono, se necessario in particolari contesti e situazioni, essere conseguiti:

Offrendo ai possessori di CCF e/o di BTP fiscali la possibilità di dilazionare il loro utilizzo, a fronte di una maggiorazione dell’importo utilizzabile.

Proponendo su base volontaria, per alcune voci di spesa, la conversione dei pagamenti e della denominazione dei contratti da euro a CCF.

Mi riprometto, a breve, di aggiornare ed estendere le proiezioni economiche in modo da rendere esplicito sotto quali ipotesi l’Italia può conseguire i risultati sopra descritti, e nello stesso tempo rilanciare l’economia e l’occupazione, mantenere l’inflazione a livelli moderati ed evitare squilibri nei saldi commerciali esteri.

lunedì 20 ottobre 2014

Superare l’attuale eurosistema e risolvere la crisi


UNO - Premessa

L’Eurozona, e soprattutto i paesi mediterranei, si trovano in una situazione economica pesantissima: massiccia disoccupazione e incapacità di crescere in misura sufficiente a riassorbirla.

I trattati bloccano adeguate azioni espansive della domanda, non risolvono gli squilibri commerciali interni, lasciano dubbi sulla solvibilità dei debiti pubblici.

Senza una profonda revisione dei meccanismi di funzionamento, la rottura deflagrante e disordinata dell’Eurozona ha probabilità molto significative. E il proseguimento delle politiche attuali implica comunque bassa crescita, alta disoccupazione, malessere sociale e instabilità politica.

 

DUE - La diagnosi sbagliata della crisi

I vertici della UE e degli stati membri hanno agito in base a presupposti errati.

In quasi tutti i casi, i paesi non sono andati in crisi per irresponsabilità fiscale ed eccesso di spesa pubblica. In Italia tra il 1999 e il 2007 il rapporto debito pubblico / PIL è diminuito. In Spagna e in Irlanda era a livelli molto inferiori alla Germania.

Il problema era invece un eccesso di debito privato (spesso erogato da paesi del Nord Europa, per finanziare speculazioni immobiliari e consumi privati), unito a perdite di competitività del Sud rispetto al Nord (dovute a maggior inflazione salariale).

A questo si è aggiunta, dal 2008, la debolezza dell’economia mondiale causata dalla “crisi Lehman”. Gli investitori hanno quindi venduto il debito dei paesi periferici, innalzando spread e tassi d’interesse, in quanto diventavano dubbie solvibilità e/o capacità di rimanere nell’Eurozona.

 

TRE - Le terapie adottate: perché non hanno funzionato

Data la diagnosi errata, le terapie messe in atto non hanno risolto la crisi. Si sono imposte al Sud politiche di austerità (aumenti di tasse e contenimenti di spesa pubblica) e cercato di riequilibrare la competitività con il Nord (nell’impossibilità di riallineare i cambi) con riduzioni salariali.

Ciò ha abbattuto domanda, produzione e occupazione: i rapporti debito pubblico / PIL sono non calati bensì saliti (per la compressione del denominatore).

Solo nell’agosto 2012 la BCE ha annunciato la disponibilità a garantire i debiti sovrani, condizionata però alla prosecuzione di deleterie politiche di austerità.

 

QUATTRO - L’attuale eurosistema non è solo inefficiente, è inapplicabile

Il Fiscal Compact impone la riduzione, per vent’anni, del rapporto debito pubblico / PIL, e nello stesso tempo la contrazione dei deficit (puntando al pareggio di bilancio).

Tentare di ridurre i deficit con azioni di austerità abbasserebbe ancor più domanda e PIL, innalzando, invece di ridurre, il rapporto debito / PIL, e accrescendo i già disastrosi effetti sull’occupazione.

 

CINQUE - Le soluzioni possibili: precondizioni

L’euro come moneta unica di una pluralità di stati ha futuro solo se gestito come una moneta sovrana. I debiti statali non possono avere rischi d’insolvenza, devono essere sicuri quanto la moneta. Di fatto sono una forma di moneta: depositi a termine (trasferibili) presso il tesoro dello stato emittente.

Senza questa garanzia, i debiti pubblici diventano debiti in moneta estera: crisi finanziarie e congiunture negative creano rischi d’insolvenza agli stati e li costringono ad adottare politiche procicliche.

Questo NON significa che ogni stato possa o debba espandere il proprio debito all’infinito (né espandere l’emissione di moneta all’infinito). Vanno rispettati vincoli, ma non i parametri aritmetici previsti nel trattato di Maastricht e nel Fiscal Compact.

Emettere debito sovrano equivale ad emettere moneta, e troppa moneta che alimenta troppa domanda crea inflazione eccessiva. L’obiettivo BCE è però inflazione “inferiore ma vicina” al 2%. Oggi è vicina a zero e tende a scendere.

Ogni stato deve avere la facoltà di effettuare azioni espansive della domanda, mediante emissione di moneta o di debito integralmente garantito. Questo, rispettando l’obiettivo d’inflazione: il che oggi significa aumentare domanda, PIL e occupazione.

Se non si crea inflazione eccessiva, e nessuno stato deve far fronte a debiti altrui (in quanto esiste la garanzia BCE) l’espansione monetaria non ha costi per nessuno.

Un altro vincolo è non creare alti e cronici deficit commerciali (quindi crescita di debito estero) in singoli paesi. Questo si ottiene se una parte adeguata dell’azione espansiva effettuata nei paesi meno competitivi va a ridurre le imposte e in generale i costi che gravano su lavoro e produzione domestica.

 

SEI - Revisione dei vincoli di bilancio pubblico

Una via per ottenere ciò è confermare che la BCE garantisce i debiti dei vari stati, e nello stesso tempo innalzare i deficit pubblici nei paesi in difficoltà.

Per esempio un incremento da parte della Francia dal 4,4% al 7%, e dell’Italia dal 3% al 6%, per tre anni, con una parte non marginale che va a ridurre imposte su lavoro e produzioni interne (evitando quindi squilibri nei saldi commerciali esteri) invertirebbe totalmente l’andamento economico dell’Eurozona.

 

SETTE - Azione espansiva con finanziamento monetario a cura della BCE

Una via più innovativa è che la BCE eroghi moneta per una quota prefissata del PIL, senza contropartita e a titolo definitivo, a ogni stato (“helicopter money”).

I paesi con problemi di occupazione e competitività utilizzeranno la moneta per espandere la spesa e ridurre le tasse, fino a riportare occupazione e inflazione ai livelli desiderati, evitando nello stesso tempo (grazie al minor carico fiscale sulle produzioni domestiche) di squilibrare i saldi commerciali esteri.

I paesi che non hanno tali necessità, o le hanno in misura minore, potranno utilizzare le erogazioni per acquistare e annullare quote del loro debito pubblico.

L’azione potrebbe ammontare ad alcuni punti di PIL ed essere ripetuta negli anni, fino a ristabilire condizioni economiche positive ed equilibrate in tutta l’Eurozona.

 

OTTO - Introduzione di strumenti monetari complementari, in parallelo all’euro

Vari stati membri dell’Eurozona possono emettere monete complementari nazionali per effettuare azioni di rilancio dell’economia.

Per esempio, l’Italia (e altri paesi) possono emettere Certificati di Credito Fiscale (CCF) e assegnarli gratuitamente a cittadini e aziende per integrare i redditi, ridurre il carico fiscale che grava sui costi di lavoro e delle produzioni domestiche, ed effettuare azioni di spesa.

I CCF saranno utilizzabili dal possessore per pagare tasse e altre obbligazioni finanziarie dovute allo stato emittente, a partire ad esempio da due anni dopo l’inizio delle assegnazioni. Il differimento dà tempo all’economia di innalzare il PIL e di generare maggiori entrate fiscali (al lordo dell’utilizzo dei CCF).

I riceventi potranno monetizzare in anticipo i CCF, cedendoli sul mercato con uno sconto presumibilmente non molto diverso da un normale titolo di stato.

Si rilanciano così le economie in difficoltà, preservando l’obiettivo del Fiscal Compact: ridurre i rischi di insolvenza dei vari stati.

In effetti è la via per ridare senso e applicabilità al Fiscal Compact: i CCF sono un titolo che lo stato emittente si impegna ad accettare, ma non a rimborsare. Non è possibile un default sui CCF, che sono di fatto una forma di moneta.

Ogni stato potrebbe emettere CCF in misura tale da recuperare PIL e occupazione, rispettando gli obiettivi di stabilità monetaria e di equilibrio dei saldi commerciali esteri, purché il saldo annuo tra pagamenti e incassi pubblici in euro (quindi CCF esclusi) sia in pareggio e purché il rapporto tra debito pubblico da rimborsare in euro (anche qui, CCF esclusi) e PIL cali come previsto dal Fiscal Compact.

L’Italia, in particolare, potrebbe emettere CCF per 90-100 miliardi il primo anno, da incrementare poi fino a un massimo di 200. L’ammontare, anno per anno, sarà modulabile in base alla risposta dell’economia e alla congiuntura.

Ulteriori riduzioni del rischio di default sul debito pubblico sono ottenibili rifinanziando i titoli in scadenza con “BOT fiscali”, cioè con titoli che – analogamente ai CCF – lo stato si impegna ad accettare in pagamento di tasse e obbligazioni finanziarie future nei suoi confronti, ma non a rimborsare in euro.

I CCF potrebbero anche diventare, in futuro, una moneta nazionale circolante, rimpiazzando gradualmente l’euro. Questa eventualità - comunque non indispensabile al funzionamento della proposta – costituirebbe una forma di uscita dall’euro per sostituzione e senza rotture.

 

NOVE - Che cosa si evita adottando una di queste soluzioni

***Attuare il breakup dell’euro.

***Attivare trasferimenti di risorse finanziarie tra paesi.

***Effettuare riallineamenti valutari.

***Ridenominare la moneta in cui sono espressi contratti di qualsiasi genere (finanziamenti, rapporti di lavoro, pensioni ecc.).

***Convertire la valuta in cui sono espressi titoli, depositi bancari o qualsiasi altra attività finanziaria.

***Richiedere ai paesi più competitivi (Germania in primis) alti livelli di inflazione salariale, per riallinearsi ai paesi mediterranei: che recuperano competitività, invece, riducendo il carico fiscale sulle produzioni domestiche.

***Costringere l’Eurozona, per un periodo imprecisato ma sicuramente lungo, a bassissima crescita e pesante disoccupazione.

***Mantenere a zero, per un periodo indefinito, i tassi di riferimento BCE e i tassi sui titoli di stato Nord Europei (cosa che penalizza i risparmiatori locali).

 

DIECI - Conclusioni

Soluzioni all’Eurocrisi sono possibili e, dal punto di vista tecnico, rapidamente applicabili. Se ne può identificarne una e attuarla rapidamente. E si deve.

E’ auspicabile che questo avvenga tramite un dialogo costruttivo che porti rapidamente a un accordo efficace tra gli stati membri dell’Eurozona. Ma in assenza di accordo singoli stati possono, e devono, agire in modo unilaterale (ancorché non deflagrante), ad esempio tramite l’emissione di moneta parallela (i CCF).

giovedì 16 ottobre 2014

Breve commento sulla legge finanziaria


Scusate, a me non piace chiamarla legge di stabilità. La chiamo legge finanziaria come si usava ai tempi. Mi sembra più appropriato e, soprattutto, in questo momento c’è bisogno di cambiamento, non di stabilità. L’Italia anzi l’Eurozona se continua con questo tipo di stabilità punta dritta alla stabilità del cimitero (un luogo altamente stabile, non c’è dubbio).

Allora, commento non tecnico: si parla di 36 miliardi di minori tasse e maggiori spese, con coperture molto generiche e indeterminate.

Dovrebbe trattarsi di allargamento di deficit dal 2,2% precedentemente previsto al 2,9%, di effetti della spending review, di benefici dalla lotta all’evasione e di altre voci alquanto vaghe.

Non sono un fan di Renzi né di Padoan (questo, penso sia chiaro a chi mi legge) tuttavia esprimo un certo ottimismo su tutto ciò. E l’ottimismo nasce, appunto, dalla vaghezza delle coperture.

La cosa migliore che ci si può augurare, relativamente alla legge finanziaria, è che le coperture siano tutte finte, e che quindi la manovra sia effettivamente espansiva, creando maggior deficit spending per l’intero importo di 36 miliardi. Che non risolvono tutti i problemi economici dell’Italia, ma sono pur sempre un 2% abbondante del PIL. Non malaccio, per cominciare.

Tutto questo verrà accettato da Bruxelles ? gli ultimi rumours lasciano pensare che la commissione UE sia sostanzialmente, oggi, un pugile suonato. Non in condizione di bloccare alcunché: un cane che farà qualche abbaio, ma di pura immagine. Oggi ha i denti di gomma: sul tavolo ci sono la Francia con una proposta di deficit decisamente più alta (ma se provano a bocciarla c’è la caduta di Hollande e la Le Pen al governo, pronta dietro l’angolo), gli USA imbufaliti perché l’Eurozona rischia di creare una recessione mondiale, il Fiscal Compact che è un’impossibilità aritmetica (cosa, ogni giorno che passa, sempre più evidente per tutti).

Naturalmente molto più razionale ed efficace sarebbe sedersi tutti quanti intorno a un tavolo e ridisegnare in modo più sensato le regole di funzionamento dell’Eurozona. E forse accadrà.

Per adesso, comunque, una legge finanziaria a coperture finte (se tali sono, come mi auguro) non la butto via.

mercoledì 15 ottobre 2014

Venti monete e due uova


Gli ultimi articoli erano densi di numeri, che a molti piacciono ma forse altri trovano un po’ noiosi.

Oggi invece vi racconto qualcosa di più leggero. Apparentemente. Ma forse anche no.

Qualche giorno fa, nel corso di una conversazione facebook, ho suscitato le ire di un interlocutore che mi ha detto, grosso modo:

“Ma come fai a sostenere che stampando moneta si rilancia l’economia ! stampare moneta aumenta solo i prezzi !! Immagina di avere dieci monete e un uovo. Se raddoppi la moneta in circolazione, che cosa succede ?? che l’uovo è sempre quello e invece di dieci monete ne costa venti. E’ evidente !”

Al che ho risposto:

“Guarda che le cose stanno un po’ diversamente. La situazione di oggi la puoi descrivere così. Immagina che ci siano due produttori di uova. Ognuno è in grado di produrre un uovo, che costa dieci monete.

Ma ci sono in circolazione solo dieci monete, appunto. Quindi il detentore delle dieci monete compra l’uovo. L’altro produttore potrebbe produrre un altro uovo, ma non lo fa perché nessuno è in grado di pagarlo.

Se metti in circolazione dieci monete in più – quindi il pubblico ha un potere d’acquisto complessivo di venti e non di dieci – c’è, invece, domanda per tutti e due i produttori. Vengono prodotte e vendute due uova. Ogni uovo costa sempre dieci monete, ma se ne producono due invece di uno. E anche il secondo produttore lavora invece di restare inoperoso.”

Un ragionamento che convincerebbe chiunque, che ne dite ? no. L’interlocutore facebook ha continuato a inveire, dandomi del pazzo o giù di lì.

Pazienza: per qualcuno, la terra è piatta e il sole le gira intorno. Il problema è che un certo numero di questi soggetti lavora tra Bruxelles, Francoforte e Berlino, pare.

Oh, il ragionamento è sempre quello che trovate espresso in forma leggermente più tecnica qui.

martedì 14 ottobre 2014

CCF: proiezioni economiche aggiornate

Ecco i dati completi. Rimangono validi i commenti di cui all'ultimo articolo.



Previsione inerziale cautelativa (MC) 20142015201620172018201920202021
Prodotto Interno Lordo  1.6271.6271.6271.6271.6271.6271.6271.627
Variazione reale PIL          
Variazione deflatore PIL  
Variazione nominale PIL          
Debito pubblico   2.1412.1902.2392.2882.3362.3852.4342.483
Debito pubblico / PIL  131,6%134,6%137,6%140,6%143,6%146,6%149,6%152,6%
Incassi pubblici   786786786786786786786786
Spese pubbliche interessi esclusi758756754753751749747746
Spese pubbliche835835835835835835835835
*di cui interessi7779818284868889
Incassi pubblici / PIL  48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%
Spese pubbliche interessi esclusi / PIL46,6%46,5%46,4%46,3%46,1%46,0%45,9%45,8%
Spese pubbliche / PIL51,3%51,3%51,3%51,3%51,3%51,3%51,3%51,3%
*di cui interessi   4,7%4,8%4,9%5,1%5,2%5,3%5,4%5,5%
Deficit pubblico   -49-49-49-49-49-49-49-49
Deficit pubblico / PIL  -3,0%-3,0%-3,0%-3,0%-3,0%-3,0%-3,0%-3,0%
Saldo primario   2830323335373940
Saldo primario / PIL  1,7%1,8%1,9%2,1%2,2%2,3%2,4%2,5%
Crescita esportazioni   3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%
Importazioni / PIL   -26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%
Esportazioni di merci e servizi 476490505520536552568585
Importazioni di merci e servizi-431-431-431-431-431-431-431-431
Saldo commerciale45597489105121137154
Altre voci partite correnti-22-22-22-22-22-22-22-22
Saldo partite correnti  233752678399115132
Saldo commerciale / PIL  2,8%3,6%4,5%5,5%6,4%7,4%8,4%9,5%
Saldo partite correnti / PIL  1,4%2,3%3,2%4,1%5,1%6,1%7,1%8,1%
Ipotesi base per introduzione CCF 20142015201620172018201920202021
Lavoratori dipendenti totali  16.400.00016.846.49517.196.42117.407.32717.653.47617.906.00918.165.17618.431.240
Redditi netti inferiori a 20.000 euro6.100.0006.266.0746.396.2306.474.6776.566.2326.660.1626.756.5596.855.522
Redditi netti compresi tra 20.000 e 42.500 euro5.800.0005.957.9076.081.6616.156.2506.243.3036.332.6136.424.2696.518.366
Redditi netti superiori a 42.500 euro4.500.0004.622.5144.718.5304.776.4014.843.9424.913.2344.984.3475.057.353
Datori di lavoro per lavoratori dipendenti del settore privato13.300.00013.662.09713.820.05113.789.69613.984.69014.184.74114.390.04714.600.818
Costo azienda unitario inferiore a 45.000 euro4.900.0005.033.4045.137.9555.126.6705.199.1645.273.5385.349.8665.428.225
Costo azienda unitario compreso tra 45.000 e 95.625 euro4.700.0004.827.9594.857.8394.847.1694.915.7114.986.0305.058.1975.132.284
Costo azienda unitario superiore a 95.625 euro3.700.0003.800.7343.824.2563.815.8573.869.8153.925.1733.981.9854.040.309
Lavoratori autonomi6.600.0006.779.6876.853.8526.838.7996.935.5037.034.7157.136.5347.241.062
Reddito lordo inferiore a 45.000 euro2.150.0002.208.5342.254.4092.249.4572.281.2662.313.8992.347.3902.381.772
Reddito lordo compreso tra 45.000 e 95.625 euro2.100.0002.157.1732.170.5242.165.7572.196.3822.227.8012.260.0452.293.148
Reddito lordo superiore a 95.625 euro 2.350.0002.413.9802.428.9202.423.5852.457.8562.493.0152.529.0982.566.142
ASSEGNAZIONI DI CCF PER LAVORATORE
Lavoratori dipendenti totali  euroeuroeuroeuroeuroeuroeuroeuro
Redditi netti inferiori a 20.000 euro 3.5003.5003.5003.5003.5003.5003.500
Redditi netti compresi tra 20.000 e 42.500 euro 1.5001.5001.5001.5001.5001.5001.500
Redditi netti superiori a 42.500 euro  1.5001.5001.5001.5001.5001.500
Datori di lavoro per lavoratori dipendenti del settore privatoeuroeuroeuroeuroeuroeuroeuroeuro
Costo azienda unitario inferiore a 45.000 euro 7.0007.0007.0007.0007.0007.0007.000
Costo azienda unitario compreso tra 45.000 e 95.625 euro 3.0003.0003.0003.0003.0003.0003.000
Costo azienda unitario superiore a 95.625 euro  3.0003.0003.0003.0003.0003.000
Lavoratori autonomieuroeuroeuroeuroeuroeuroeuroeuro
Reddito lordo inferiore a 45.000 euro 3.5003.5003.5003.5003.5003.5003.500
Reddito lordo compreso tra 45.000 e 95.625 euro 1.5001.5001.5001.5001.5001.5001.500
Reddito lordo superiore a 95.625 euro   1.5001.5001.5001.5001.5001.500
ASSEGNAZIONI DI CCF TOTALI IN MILIARDI
Lavoratori dipendenti totali   31393940404141
Redditi netti inferiori a 20.000 euro 22222323232424
Redditi netti compresi tra 20.000 e 42.500 euro 999991010
Redditi netti superiori a 42.500 euro  777778
Datori di lavoro per lavoratori dipendenti del settore privato 50626263646566
Costo azienda unitario inferiore a 45.000 euro 35363636373738
Costo azienda unitario compreso tra 45.000 e 95.625 euro 14151515151515
Costo azienda unitario superiore a 95.625 euro  111112121212
Lavoratori autonomi 11151515151516
Reddito lordo inferiore a 45.000 euro 8888888
Reddito lordo compreso tra 45.000 e 95.625 euro 3333333
Reddito lordo superiore a 95.625 euro   444444
SINTESI ASSEGNAZIONI, COMPRESI ALTRI INTERVENTI DI SPESA2015201620172018201920202021
Lavoratori dipendenti con redditi netti <20.000 22222323232424
Lavoratori dipendenti con redditi netti >20.000 9161617171717
Datori per dipendenti con costo azienda <45.000 35363636373738
Datori per dipendenti con costo azienda >45.000 14262626272728
Lavoratori autonomi con redditi netti <45.000 8888888
Lavoratori autonomi con redditi netti >45.000 3777777
Altri interventi di spesa 357777777777
TOTALE    92150193195196198200
CCF in circolazione a fine anno  92242343388391394398
Incremento della retribuzione netta per un lavoratore dipendente con una retribuzione annua netta di 20.000 euro, 
e decremento del costo azienda totale per il suo datore di lavoro (45.000 euro prima dell'intervento): 15%-17% circa. 
Lavoratori dipendenti del settore privato13.300.00013.662.09713.820.05113.789.69613.984.69014.184.74114.390.04714.600.818
Lavoratori dipendenti del settore pubblico3.100.0003.184.3983.376.3703.617.6313.668.7863.721.2683.775.1293.830.423
Lavoratori autonomi6.600.0006.779.6876.853.8526.838.7996.935.5037.034.7157.136.5347.241.062
Lavoratori totali   23.000.00023.626.18224.050.27424.246.12624.588.97924.940.72425.301.71025.672.303
Attualizzazione valore CCF - tasso annuo3,0%a due anni -94,26%     
Valore attuale erogazioni di CCF  86142182183185187188
Moltiplicatore keynesiano   1,301,301,301,301,301,301,30
Valore attuale riduzione costo azienda  47585859606162
*Effetto moltiplicativo su export 0,500,500,500,500,500,500,50
*Effetto moltiplicativo su sostituzione import 0,500,500,500,500,500,500,50
Previsione con introduzione CCF 20142015201620172018201920202021
Prodotto Interno Lordo  1.6271.7551.8541.9421.9992.0582.1202.183
Variazione reale PIL   6,9%4,1%2,8%1,0%1,0%1,0%1,0%
Variazione deflatore PIL 0,9%1,5%1,9%1,9%1,9%1,9%2,0%
Variazione nominale PIL   7,9%5,6%4,8%2,9%3,0%3,0%3,0%
Deficit pubblicoescluso effetto CCF-49-49-49-49-49-49-49-49
Incassi pubblici / PILescluso effetto CCF48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%48,3%
Maggiori incassi pubblici 62110152180208238269
Utilizzo CCF 92150193195196
Interessi su debito pubblico  7779818284868889
Considerando i CCF come moneta:  
Surplus (deficit) pubblico-49136112-19-33-523
Surplus (deficit) primario289214194655282113
Debito pubblico2.1412.1282.0672.0552.0752.1082.1132.090
Surplus (deficit) pubblico / PIL-3,0%0,7%3,3%0,6%-1,0%-1,6%-0,3%1,1%
Surplus (deficit) primario / PIL1,7%5,2%7,6%4,9%3,2%2,5%3,9%5,2%
Debito pubblico / PIL  131,6%121,3%111,5%105,8%103,8%102,4%99,7%95,7%
Considerando i CCF come parte di deficit e debito:        
Surplus (deficit) pubblico-49-79-90-89-64-37-920
Surplus (deficit) primario280-9-7214979109
Debito pubblico2.1412.2202.3092.3992.4622.4992.5082.488
Surplus (deficit) pubblico / PIL-3,0%-4,5%-4,8%-4,6%-3,2%-1,8%-0,4%0,9%
Surplus (deficit) primario / PIL1,7%0,0%-0,5%-0,4%1,0%2,4%3,7%5,0%
Debito pubblico / PIL  131,6%126,5%124,6%123,5%123,1%121,4%118,3%114,0%
Crescita esportazioniescluso effetto CCF 3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%3,0%
Importazioni / PILescluso effetto CCF-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%-26,5%
Maggiori esportazioni per effetto CCF 23292930303031
Sostituzioni di importazioni per effetto CCF 23292930303031
Esportazioni di merci e servizi 476490505520536552568585
Importazioni di merci e servizi-431-441-462-485-500-515-531-547
Saldo commerciale4549433536373738
Altre voci partite correnti-22-24-25-26-27-28-29-30
Saldo partite correnti  23251889999
Saldo commerciale / PIL  2,8%2,8%2,3%1,8%1,8%1,8%1,8%1,7%
Saldo partite correnti / PIL  1,4%1,4%1,0%0,4%0,4%0,4%0,4%0,4%