martedì 6 settembre 2016

A Dijsselbloem bastano tre righe d’intervista


Si è svolta pochi giorni fa la consueta edizione settembrina dal workshop TEHA-Ambrosetti, che raduna periodicamente a Cernobbio ampie porzioni del gotha imprenditorial-finanziario italiano ed europeo (qualcuno l’ha definito un “festival dell’Unità per ricchi” ma non credo vengano servite salamelle a pranzo e cena).

Non mancano mai esponenti di primo piano dei vari organismi UE. Questa breve intervista è stata ad esempio rilasciata al Sole 24Ore da Jeroen Dijsselbloem, ministro delle finanze olandese nonché presidente dell’Eurogruppo – organismo che riunisce i ministri economici dei paesi appartenenti all’Eurozona.

Credo sia utile soffermarsi sulla parte finale – tre righe in tutto, appunto – della risposta di JD a uno dei quesiti:

“Si parla spesso, anzi sempre e solo, di squilibri “negativi”, come deficit e debito. Ma ci sono paesi come la Germania e la sua Olanda che mantengono squilibri positivi non necessariamente salutari per l’Eurozona, come i surplus delle partite correnti. Non mi sembra che la Commissioni Europea applichi lo stesso zelo su questo fronte”.

Le tre righe finali della risposta:

“Tornando al paragone con squilibri come deficit e debito non trovo che i surplus siano particolarmente problematici. E poi come si fa a chiedere a un paese di esportare di meno, di essere meno competitivo ?”

Viene spontaneo notare che:

PRIMO, uno dei maggiori responsabili della governance del sistema UE – Eurozona dovrebbe curarsi del rispetto di tutte le regole; magari affermare che le ritiene inadeguate e prodigarsi per ottenerne la modifica, ma nel frattempo notare, quantomeno, che la non aderenza ai parametri è SEMPRE un problema, non in qualche caso sì e in altri no.

SECONDO, gli sbilanci di partite correnti sono assolutamente una delle cause delle catastrofiche disfunzionalità dell’Eurozona, e gli sbilanci sono evidentemente frutto dei deficit di qualcuno che vanno di pari passo, per elementari considerazioni aritmetiche, con i surplus di qualcun altro.

TERZO, ridurre un surplus commerciale non richiede a nessuno di diventare meno competitivo e neanche di esportare di meno. Il surplus è la differenza tra export e import, quindi il riequilibrio può avvenire senza ridurre le esportazioni, e aumentando invece le importazioni. Aumentare le importazioni è un risultato ottenibile adottando politiche espansive della domanda interna: ad esempio incrementando gli investimenti pubblici, o abbassando l’imposizione sulle retribuzioni (con conseguente aumento dei salari netti e dei consumi). La Germania ha ampi margini di manovra per effettuare azioni di questo genere, ma rifiuta di farlo.

Nelle sue tre righe di risposta, Dijsselbloem dimostra un sovrano disprezzo, prima ancora che per la macroeconomia, per l’aritmetica. Inoltre supera in bello stile il principio secondo cui “le regole per qualcuno si applicano, e per qualcun altro si interpretano”.

JD va al di là di questo: le regole dell’Eurosistema – e tra Bruxelles e Francoforte non è l’unico a pensarla così, sospetto – in qualche caso esistono, in altri no.

Non si chiama interpretazione, si chiama arbitrio puro.

Poi, domandatevi pure perché le performances economiche dell’Eurozona siano la catastrofe economico-sociale che sono, e perché le forze politiche eurocritiche stiano guadagnando terreno dappertutto…


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