venerdì 14 ottobre 2016

Ricomposizioni di spesa: perché non risolvono la crisi


Una critica molto frequente al progetto Moneta Fiscale (ma in effetti a qualsiasi proposta di politica espansiva della domanda) si può riassumere grosso modo come segue.

Come fai a sostenere che sia sufficiente immettere domanda nel sistema economico, per uscire dalla depressione e rilanciare domanda, PIL e occupazione ? dove sono le tue idee in merito a politiche industriali, sistema fiscale, recupero di efficienza, contenimento di sprechi, evasione, corruzione, eccetera eccetera ?

La risposta, semplice al punto da sembrare banale (ma non lo è): le politiche di sostegno della domanda sono il modo per riempire di carburante il serbatoio di un’auto rimasta a secco.

Tutto il resto sono proposte rispettabilissime in merito a come guidare meglio, come ottimizzare i consumi, come migliorare le prestazioni. Obiettivi belli, interessanti e importanti. Ma completamente inutili se la macchina non si mette in moto.

Se volete una spiegazione leggermente più analitica di quanto detto sopra, immaginate di voler risolvere i problemi dell’economia italiana mediante interventi di “ricomposizione della spesa”. Invece di immettere più potere d’acquisto nell’economia, lo alloco diversamente. Taglio alcune spese / tasse / tariffe e ne aumento altre, per gli stessi importi totali. Se sono molto, ma molto, ma molto bravo, so come farlo in modo da conseguire un miglioramento di efficienza del 20%.

Vi assicuro che guadagnare il 20% di efficienza è un obiettivo molto ambizioso. Ma siamo fiduciosi e ipotizziamo, appunto, di sapere come realizzarlo.

Bene, se rialloco 30 miliardi di spesa, questo equivale al medesimo impatto di un intervento espansivo non di 30 ma di 6 miliardi: il 20% di 30, appunto.

Ora, 30 miliardi per l’economia di un paese – l’Italia – il cui PIL è vicino ai 1.700 spostano qualcosa, anzi parecchio. Sei, poco o niente.

Ma c’è di più. Per riallocare 30 miliardi, occorre che questo ammontare di risorse finanziarie venga TOLTO a qualcuno e DATO a qualcun altro.

Che cosa succederà, nei fatti ?

Anche assumendo che un illuminato ministro dell’economia sappia perfettamente dove intervenire per conseguire quel guadagno di efficienza, in pratica dovrà affrontare enormi resistenze da parte di tutti i gruppi d’interesse che subiscono le riduzioni.

Il risultato è che riuscirà a fare alcune cose ma parecchie altre no, e che gli interventi che potrà effettivamente avviare interesseranno non 30 ma, poniamo, 10 miliardi. E le azioni varate non necessariamente saranno le più utili ed efficaci. Quindi il beneficio sarà non del 20% ma magari del 10%.

Il 10% di 10 miliardi fa 1. Il nostro brillante ministro dell’economia riuscirà quindi a ottenere un beneficio pari a un trentesimo di quello che avrebbe conseguito un’azione espansiva di 30 miliardi.

Come dire, niente. Un impatto pari a un arrotondamento di calcolo: inavvertibile.

A questo punto, quando sentite dire per esempio al ministro Padoan che “non ci sono risorse in più” (a causa dei “vincoli” dell’Eurosistema, si capisce) ma si agirà tramite “ricomposizioni di spesa”, sapete già che cosa aspettarvi.

Se tutto va bene, niente di positivo...




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